La rinascita (fruttuosa) dell’Ice?

Il Sole 24Ore, 22.12.2017

Nel luglio  2011 una incredibile improvvida legge dell’allora governo Berlusconi stabilì che l’Ice era un ente inutile e pertanto andava soppresso, dimenticando che non esiste paese industriale privo di una o più agenzie governative preposte al sostegno organizzativo e finanziario ai processi di internazionalizzazione delle imprese, particolarmente le PMI e le loro rappresentanze di categoria. Bastarono fortunatamente pochi mesi perché il nuovo governo Monti riparasse la falla facendo risorgere sotto il nuovo nome una “Agenzia Ice-Italian Trade Agency”.

Ascoltando le presentazioni dei vertici dell’Ice, di Sace-Simest e del sottosegretario Scalfarotto, a commento dell’annuale rapporto di previsione di Ice-Prometeia sull’ottima performance dell’export italiano 2018-19 per mercati e settori (dati già illustrati da Laura  Cavestri su questo giornale giovedi 7 dicembre),   veniva veramente da pensare all’araba fenice che risorge dalle ceneri più forte di prima. Certamente da allora abbiamo assistito ad un salto quantitativo e qualitativo impressionante nella politica per l’internazionalizzazione delle imprese, in particolare degli ultimi due governi che in tre anni hanno più che triplicato i fondi Mise per l’attività promozionale (194 milioni di euro nel 2017) e hanno messo in pista il dinamico ministro dello Sviluppo economico Calenda insieme alla cabina di regia co-presieduta con la Farnesina.

 Al dimagrimento del personale addetto all’Ice (soprattutto chiudendo le fragili e inefficienti sedi degli uffici regionali in Italia – salvo l’importante ufficio di Milano – a favore di enti locali e camere di commercio) hanno corrisposto massicce e articolate misure di promozione della penetrazione commerciale all’estero delle imprese italiane, non solo esportazioni ma anche investimenti diretti e presenze stabili sui mercati.

Esempi eloquenti: a) infittirsi di robuste “missioni di sistema” con governo, CDP, banche e imprese come soggetti coalizzati e complementari nel presentarsi sui mercati a domanda di importazioni più dinamica; b) selezione attenta dei maggiori eventi fieristici internazionali e nazionali, puntando alla partecipazione visibile dei grandi marchi accanto alle  folte schiere dei piccoli, assai meno visibili anche se spesso apprezzati dai conoscitori esteri delle nostre nicchie di specializzazione; c) campagne mirate come “Innovation days” negli USA, volte a correggere l’immagine spesso distorta del “Made in Italy” nei mercati lontani, che giustamente amano il food and fashion italiano ma spesso non conoscono la potenza di tante produzioni nazionali di beni (soprattutto ben e servizi intermedi inseriti in  complesse catene globali del valore) in settori di medie e persino alte  tecnologie; d) decine di incontri sui territori di tutte le regioni italiane (Roadshow)  per diffondere informazioni e promuovere contatti diretti con le imprese che decidono di iniziare e più ancora allargare e rafforzare la propria presenza sui medesimi mercati, contribuendo così ad accrescere i cosiddetti margine estensivo ed intensivo delle esportazioni nazionali; e) un intenso programma di sensibilizzazione per convincere le imprese a familiarizzarsi con l’esplosiva realtà del commercio digitale  (e-commerce), oggi cavalcata da giganti come Amazon e Alibaba; f) accordi mirati con la Grande Distribuzione Organizzata (come Walmart e Sachs nel Nord America) e la rete digitale di medio-piccoli distributori “e-tailers” internazionali; g) offerta  di formazione del capitale umano e assistenza diretta alle piccole imprese (“temporary export managers”).

Sul fronte finanziario-assicurativo la CDP ha triplicato il portafoglio rischi di Sace-Simest (a tutti gli effetti la nostra Eximbank), che consente all’Italia di mantenersi in testa nella graduatoria europea della percentuale assicurata di beni strumentali esportati nel mondo. Sace fornisce servizi di factoring e recupero crediti non assicurati (Sace-SRV). L’ufficio studi di Sace offre servizi di intelligence sugli scenari geo-politico-economici dei mercati, aggiornando la mappa di appositi indici di market and investment opportunities.

Insomma c’è ancora molto da  fare, ma forse il trauma di morte-resurrezione dell’Ice è stata occasione per rilanciare con forza una partnership pubblico-privato che si attendeva da tempo.

fabrizio.onida@unibocconi.it